Il Kokedama è, grossomodo, una pianta che spunta dalla sommità di una sfera ricoperta di muschio. In Occidente è stato il garden designer Fedor Van der Valk a introdurre per primo questa tecnica di coltivazione usandola per realizzare i suoi “string garden” - letteralmente “giardini di corda” e in pratica interi spazi verdi sospesi nell’aria, fatti da esemplari che crescono a partire da basi di substrato libere da vasi, appesi e collegati al soffitto e tra loro da funicelle o dai più diversi e colorati tipi di spago.
Il Kokedama viene dal Giappone
Ma basta spostarsi nel mondo orientale (l’apparenza di questi “manufatti” ha decisamente qualcosa di “zen”) per ritrovare le radici storiche d’origine di questa tecnica di coltivazione. Una leggenda narra che un contadino giapponese in condizioni di estrema povertà, non potendo permettersi di comprare vasi di coccio, avvolse le piante in sfere di terra fertile e drenante, poi le ricoprì di muschio e creò il primo Kokedama della storia.
Sta di fatto che la tecnica fu ripresa e si diffuse ampiamente: i Kokedama sono deliziosi impianti che, originariamente posizionati su un supporto o base, si prestano a essere ospitati davvero ovunque. Una vera manna dal cielo per chi adora il verde e cerca in tutti i modi di inserirlo nelle proprie abitazioni, ma ha a disposizione uno spazio minimo che spesso non include nemmeno un balcone o un davanzale.
La coltivazione Kokedama è adatta solo a piante di dimensioni ridotte, proprio per questo ebbe particolare fortuna in Giappone, la patria tradizionale della tecnica bonsai. Si diffuse durante il periodo Edo (XVII - seconda metà XIX) sviluppandosi come branca dello stile bonsai Kengai, che trae ispirazione dalla natura che cresce in condizioni difficili e ambienti ostili: pareti a picco sul mare, strette gole di montagna, impervie pareti rocciose sferzate da vento e agenti atmosferici.
Molta meno drammaticità trasmette l’applicazione odierna del Kokedama diffusa in Occidente. Le sfere verdi sono amatissime da artisti e designer e, inserite in qualsiasi tipo di interno, dai piccoli appartamenti alle più ampie sale, donano un’atmosfera di intensa pace e serenità, quella che solo la natura sa regalare istantaneamente attraverso il colpo d’occhio. E’ incredibile il numero di creativi che si innamorano della tecnica e la utilizzano nei più svariati modi, ma è pure comprensibile. Sappiamo bene quanto l’arte visiva e quella del giardinaggio siano vicine, tanto nelle emozioni che sanno trasmettere quanto nella bellezza di cui si fanno creatrici…
Le piante per il Kokedama
Ovviamente, come in tutte le attività, i risultati migliori derivano dalla pratica costante. La pazienza e l’attenzione, però, premiano da subito! Possiamo realizzare i nostri Kokedama senza troppi sforzi, partendo da piante “facili”, che si adattino bene agli ambienti chiusi, che non necessitino di troppa luce solare per crescere e nutrirsi adeguatamente e che siano di piccola taglia.
Possiamo fare la nostra prima prova scegliendo, ad esempio, le erbe aromatiche (possiamo creare un erbaio spettacolare in cucina!) o piccole felci o ancora orchidee e gerani, se desideriamo dei fiori. Qualunque piantina sceglieremo, dovrà essere giovane e rigogliosa, perché si adatti meglio e riesca a dare alle stanze il tocco di verde eccentrico e scenografico che desideriamo.
La Koke-dama è, letteralmente, una “palla di muschio”: le piante radicano all’interno di un substrato coperto esternamente dal muschio, in grado di compattare il terreno di coltura e mantenerlo umido.
Come si fa un Kokedama
Per crearne una ci serviranno dunque, prima di tutto, il vegetale prescelto per l’impianto e il muschio di copertura; è meglio procurarcelo nei garden center (la raccolta in natura, oltre a essere vietata, è sconsigliata perché nel muschio potrebbero annidarsi parassiti dannosi non sempre facili da individuare e rimuovere) e sceglierlo vivo, ancora verde; oppure optare per lo sfagno, particolarmente decorativo e permeabile.
La sfera base è formata da un misto di fango, chiamato ketotsuchi o keto e utilizzato per la coltivazione dei bonsai, insieme a una particolare argilla, l’Akadama, entrambi reperibili senza difficoltà nei vivai. Una bacinella per l’acqua, forbici, filo di cotone e di nylon e uno spruzzino vaporizzatore sono tutto l’occorrente che resta. Ora possiamo cominciare!
Liberiamo le radici della pianta dalla terra di coltura. Cerchiamo di ripulirle il più possibile, facendo attenzione a non danneggiarle; nel frattempo lasciamo il muschio in ammollo nell’acqua per tutto il tempo necessario (riferiamoci alle istruzioni sulla confezione). Prendiamo una manciata di sfagno e avvolgiamo le radici libere, premendo per drenare l’acqua in eccesso e compattare il tutto, poi avvolgiamo con filo di cotone.
Creiamo la nostra sfera di terreno: nella bacinella lavoriamo il mix di argilla, keto, torba e acqua (la proporzione è variabilissima ma generalmente si usano 7 parti di terriccio e 3 di Akadama) fino a creare una palla compatta, che non si sgretoli, grande abbastanza da contenere comodamente le radici.
Seguendo il metodo che ci è più congeniale, apriamola a metà oppure creiamo un buco e inseriamo completamente l’apparato radicale, poi lavoriamo la sfera fino a ricostituirla in una forma regolare. E’ il momento di coprire col muschio! Il sistema più pratico è quello di stendere il foglio e appoggiare la palla al centro, poi avvolgerla interamente.
Il Kokedama così ottenuto va immerso per un paio d’ore in una bacinella piena d’acqua, in modo che si impregni adeguatamente di umidità. Per le prime due settimane è bene curare il radicamento della piantina: riponiamola sopra un piatto o vassoio e vaporizziamo spesso; permetteremo anche al muschio di fissarsi saldamente sulla superficie.
Trascorsi i 14 giorni, il nostro Kokedama è pronto per essere appeso! Avvolgiamolo con il filo di nylon (3 o 4 metri bastano per un impianto standard) e posizioniamolo in una zona che sia riparata da correnti d’aria e dal sole diretto (il muschio ne soffrirebbe).
Come curare il Kokedama
Ricordiamo che abbiamo a che fare con una pianta identica a quelle che stanno in vaso o in piena terra. Soffrirà dei continui spostamenti, attraverserà una “fase di assestamento” in cui potrà soffrire la perdita di foglie e fiori, ma si riprenderà!
Il modo migliore per innaffiare il Kokedama è quotidianamente per nebulizzazione, procedendo all’immersione completa solo saltuariamente, quando notiamo che la sfera risulta troppo secca. Procediamo tenendo sott’acqua per circa un minuto, fino a quando le bolle d’aria sulla superficie muschiosa non svaniscono completamente.
Il Kokedama è adatto davvero a tutti: coltivatori esperti e alle prime armi, a chi vive in spazi ampi e anche ristretti. Il bello della natura è che si adatta anche ai nostri capricci, sempre a condizione che venga rispettata e trattata con amore.