I viali cittadini del Nord Italia tra metà aprile e metà maggio sono arredati dai candelabri candidi dei maestosi ippocastani (Aesculus hippocastanum): eretti verso il cielo, sembrano pronti a spiccare il volo in un turbinio di petali bianchi dalla caratteristica macchietta fucsia. Sapevate che è un segnale nato apposta per gli insetti impollinatori? Indica il cuore della corolla ricco di nettare!
In giardino optate per l’ippocastano a fiori rosa (A. x carnea, A. pàvia) o a cespuglio (A. parviflora): oltre a essere molto meno ingombranti (max 10 x 5 m), per il momento pare risentano poco della Cameraria ohridella, temibile parassita moderno.
Ritratto dell’ippocastano
Originario dei Balcani, questa Sapindacea è un imponente ed elegante albero (fino a 30 m d’altezza e 15 di diametro) molto utilizzato in passato nelle alberature stradali nonostante la scarsa resistenza all’inquinamento. Dal tronco diritto e nodoso con l’età, a corteccia prima grigia e liscia, poi scura e squamata, si dipartono rami assurgenti a candelabro, lenticellati, con grandi gemme opposte, rossastre e una terminale di notevoli dimensioni, ricoperte da una sostanza vischiosa.
La chioma è espansa, globosa e maestosa nei vecchi esemplari. Le foglie sono molto grandi, palmate, composte da 5-7 foglioline ovato-lanceolate a margine dentato, glabre e lucide. In aprile-maggio produce vistose infiorescenze a pannocchia eretta (simili a candelabri), lunghe fino a 30 cm, date da fiori (circa 2 cm) bianchi con base gialla e centro rosso. Il frutto è una grossa capsula rotonda e verdastra, ricoperta di aculei radi, corti e poco pungenti, che si apre in tre valve e contiene un grosso seme bruno lucido, che assomiglia a una castagna ma risulta velenosa per l’uomo. In passato veniva macinato e somministrato sotto forma di farina ai cavalli, senza causare loro problemi di tossicità. Oggi si utilizza per estrarne un principio attivo vasocostrittore utilizzato in medicina e in cosmesi.
Facile, ma per grandi spazi
Resiste bene al freddo (ma non al gelo intenso e prolungato), meno al caldo e al vento forte. Non è indicato per zone marittime, né alpine. Preferisce suoli fertili, freschi, profondi, ben drenati. Predilige un’esposizione soleggiata o a mezz’ombra. Necessita di annaffiature nei primi anni dopo l’impianto. Gradisce una concimazione con fertilizzanti organici in autunno e in primavera. Da valutare lo spazio occupato dalla pianta adulta, che è idonea solo per grandi giardini.
Nemici dell’ippocastano, oltre all’inquinamento, sono un fungo, Guignardia aesculi, e la minatrice dell’ippocastano (Cameraria ohridella). La larva di questa farfalla si nutre dei succhi linfatici del mesofillo fogliare, provocando macchie color nocciola. Con l’avanzare della stagione, le macchie si estendono e si uniscono, finché l’intera foglia necrotizza e cade. Il danno più grave della parassitosi è la cascola delle foglie in estate, che provoca poi la rivegetazione della pianta e persino la fioritura a settembre, con gravi problemi fisiologici.
Altre specie di ippocastano
L’ippocastano a fiori rossi (A. x carnea) è un ibrido fra l’ippocastano bianco e A. pàvia, arbusto nordamericano dai fiori porpora o cremisi. Ha sviluppo più contenuto; fiori da rosei a purpurei; foglie più lucide, con margini più dentati; frutti più piccoli e quasi privi di spine.
L’ippocastano a cespuglio (Aesculus parviflora) è un arbusto a foglie caduche, alto al massimo 4 m e di forma arrotondata. Si può coltivare anche in vaso, purché molto capiente, perché cresce molto lentamente. Produce frutti senza spine, ma velenosi. Fiorisce in giugno-luglio, con fiori bianco avorio dai lunghi stami gialli e antere rosse, profumatissimi.
A. pàvia impiega anche 50 anni per arrivare a 15 m d’altezza e quindi, almeno in teoria, è adatto a piccoli giardini. Fiorisce in aprile con pannocchie color rosso cremisi.