giuggiolo
Il giuggiolo produce le deliziose giuggiole (qui la var. Gigante Piriforme).
Grazioso alberello ornamentale in giardino, il giuggiolo produce simpatici fruttini dal sapore caratteristico, senza bisogno di particolari attenzioni

Il giuggiolo (Zizyphus jujuba, famiglia Ramnacee) è un alberello che meriterebbe maggiore diffusione nei nostri giardini fino alla Val Padana compresa: è poco ingombrante, ma in primavera-estate offre una buona ombra e d’inverno lascia penetrare il sole; è grazioso per le foglie piccole e i rami penduli; in settembre regala buoni frutti; non si ammala e quindi non richiede trattamenti fitosanitari; non ha bisogno di potature. È il giuggiolo, il cui unico limite è stato, fino al secolo scorso, la scarsa resistenza al freddo, ma ora, con il riscaldamento climatico, lo ha superato, trovandosi a suo agio anche in tutta la Pianura Padana. Se stiamo cercando un piccolo albero per il nostro giardino o frutteto, teniamolo ben presente!

Com'è fatto il giuggiolo

Arbusto o piccolo albero di 2-5 m d’altezza, dal tronco sinuoso, con corteccia rugosa e rosso-grigiastra, e numerosi rami spinosissimi, sottili e penduli, spesso contorti e ricurvi sotto il peso dei frutti. Esiste anche la cultivar ornamentale (var. inermis) priva di spine. Le foglie, caduche, sono piccole, alterne, lucide, ovali a margine dentellato e apice smussato. I fiori, minuti e di colore giallo-verdastro, appaiono in maggio-giugno. I frutti, piccoli ma copiosi, sono drupe di colore rosso violaceo e poi nocciola, di forma ovale o rotonda, caratterizzati dalla scorza lucida quando sono maturi; visivamente ricordano i datteri (vengono anche chiamati “datteri cinesi”). La polpa bianca è dolce-acidula, prima croccante e poi farinosa, e racchiude un seme allungato, duro e pungente.

Andare in brodo di giuggiole

Originario della Cina (dove ancora oggi è una delle principali piante da frutto coltivate), il giuggiolo è ampiamente presente in tutti i Paesi del Mediterraneo. In Italia, anche se è stato introdotto in epoca romana, oggi è un albero da frutto poco considerato: lo si incontra presso alcune vecchie case contadine in prossimità di un muro soleggiato, oppure nei giardini più cool (“di moda”) nel Centro-Sud.

E pensare che, dal Medioevo e fino agli inizi del secolo scorso, il sugo ricavato dalla pressatura dei frutti costituiva una bevanda talmente prelibata da dare origine alla constatazione di somma felicità, scandita dall’affermazione “andare in brodo di giuggiole”… Addirittura, anticamente alle giuggiole venivano attribuite proprietà terapeutiche ed erano utilizzate, insieme ad altri frutti (uva, fichi, datteri), per preparare una bevanda in grado di mitigare la tosse. In realtà, oggi si sa che sono altamente energetiche, contengono proteine e zuccheri in misura simile a fichi e datteri, accanto a vitamine del gruppo B e C, e mucillagini che calmano le infiammazioni intestinali.

Attualmente le giuggiole si trovano in vendita in settembre-ottobre in Veneto, Emilia-Romagna, Marche.

Nessuna cura particolare

È veramente una pianta rustica, di poche esigenze, anche se preferisce un clima temperato in zone prive di geli persistenti: resiste a temperature sotto lo zero se sporadiche, ma è molto sensibile alle gelate autunnali. Mettiamolo quindi a dimora in piena terra dalla Val Padana in giù, con l’accortezza, nel Nord, di posizionarlo in un punto soleggiato e riparato dai venti invernali, anche a ridosso di edifici perché l’apparato radicale scende in profondità senza scalzare le murature. Nel Sud può stare anche a mezz’ombra, ma non è una posizione obbligata.

Si adatta a diversi tipi di terreno, pur prediligendo suoli leggeri, a scarso contenuto di argilla, non umidi e non soggetti a ristagni di acqua, a reazione neutra o leggermente alcalina; tollera bene anche substrati aridi o sassosi e resiste a estati calde e siccitose: perfetto per il cambiamento climatico....

Non richiede cure colturali particolari. Non ha bisogno di irrigazione, trascorso il primo anno dopo l’impianto. La concimazione si basa su un apporto autunnale, ogni anno, di letame ben maturo o stallatico secco. La potatura, non indispensabile, serve per sfoltire i rami nel caso si dispongano in maniera troppo intricata; si effettua in autunno alla caduta delle foglie. Nei primi anni dalla piantagione può essere necessario intervenire con tagli di formazione nella parte bassa della chioma, lasciando poi che tenda ad assumere la forma naturale. Negli anni successi gli eventuali interventi di potatura sono mirati alla rimonda di eventuali rami secchi.

Si moltiplica per seme (ma la crescita è molto lenta) o tramite i polloni che crescono numerosi alla base dei fusti delle vecchie piante.

In vaso può resistere per 3-4 anni, non di più, perché l’apparato radicale è molto ingombrante.

Le varietà migliori

Le varietà si differenziano per le dimensioni dei frutti, grossi come un dattero, una susina o un uovo di gallina, e per la forma, più o meno allungata. Le migliori varietà commerciali moderne sono quelle coltivate in Oriente, alcune delle quali sarebbero adatte anche ai climi italiani, come Lì, Lang, Sui Men, Mu-Shing-Hong. Attualmente possiamo reperire diverse varietà autoctone, come Maliforme, autofertile, frutto piccolo, tondo, con ottime caratteristiche organolettiche; Olivaceo, autofertile, molto produttiva, frutto medio con buone caratteristiche organolettiche; Gigante Maliforme, autosterile, frutto grosso e di ottimo sapore se consumato a media maturazione; Gigante Piriforme, autosterile, frutto oblungo; Gigante Tardivo Piriforme, autosterile, maturo a metà ottobre. Ricordiamo che, se una varietà è autosterile, per avere i frutti è obbligatorio avere un’altra pianta in modo che si possa compiere l’impollinazione. Attenzione: la fruttificazione inizia tardivamente, anche dopo 6 anni dalla messa a dimora, con picco produttivo intorno a 20-25 anni, per poi calare progressivamente.

Giuggiole, raccolte e mangiate

Le giuggiole maturano gradualmente dalla metà di agosto fino a ottobre, e le drupe sono immediatamente commestibili, se hanno raggiunto la colorazione tipica marroncina. Si raccolgono recidendo il picciolo e si conservano per circa un mese in cassette al buio e al fresco.

Si consumano fresche tal quali (attenzione: sono astringenti!), in marmellata, sciroppo, gelatina o sotto spirito. Possono anche essere essiccate e candite. In Cina sono un ingrediente nella confezione del pane e nella preparazione di varie salse e bevande.

La ricetta: le giuggiole sotto spirito

Puliamo 500 g di giuggiole con un panno, poniamole in un vaso a chiusura ermetica assieme a 200 g di zucchero, 1 l d’alcol a 95°, la scorza di mezzo limone non trattato tagliata a fettine e un pizzico di vaniglia. Lasciamo il barattolo al sole agitandolo ogni giorno per un mese; aggiungiamo altri 400 ml d’alcol, richiudiamo e facciamo riposare per circa 6 mesi in un luogo asciutto e buio.

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