Per noi occidentali il giardino è un complemento dell’abitazione, collegato all’ambiente circostante, e viene sempre costruito con un fine di utilità oltre che puramente estetico. È un luogo creato per il nostro piacere, dove passeggiamo per ammirare la vegetazione, ma che riflette sovente il dominio dell’uomo sulla natura.
Nei giardini orientali invece l’uomo non assume un ruolo dominante, ma si immerge spiritualmente nell’ambiente che lo circonda; il giardino diventa così un luogo da contemplare dall’esterno alla ricerca del proprio Io.
I giardini giapponesi
La caratteristica dei giardini giapponesi, e soprattutto di quelli zen, è che l’uomo non li attraversa, ma sosta lungo il bordo e viene stimolato alla meditazione. Attraverso la contemplazione di questo paesaggio ricco di simboli, egli cerca di raggiungere la serenità e forse anche la felicità interiore.
Il giapponese ama coltivare il proprio giardino e lo disegna come fosse un quadro, ma poiché per la dottrina buddista l’arte è una sorta di attività religiosa e la natura è sacra, il giardino assume una dimensione spirituale. Ecco perché il giardino giapponese è stato sempre influenzato dalle più importanti religioni orientali, tra le quali il buddismo zen è forse la più significativa. Per il monaco zen l’“arte del giardinaggio” è come un esercizio spirituale alla continua ricerca del suo rapporto con la natura.
La religione Zen
La religione Zen, originaria della Cina, fu introdotta in Giappone verso la fine del XII secolo. Il culmine dell’arte dei giardini si ebbe durante il periodo Muromachi (1338-1573) con la realizzazione di quelli che sono considerati i veri giardini zen: la natura viene “spogliata”, ridotta all’essenziale, i materiali (pietre, sabbia, ghiaia) diventano protagonisti e la vegetazione non domina come nel paesaggio classico occidentale, ma svolge un ruolo di complemento.
Il giardino di contemplazione per eccellenza è il “giardino secco” (Karesansui) dove il paesaggio viene riprodotto senza ricorrere all’acqua. L’impressione generale che risulta è quella di un ambiente naturale, spontaneo, ma solo in apparenza. Il giardino zen infatti è studiato nei minimi dettagli, sempre con riferimenti simbolici: le pietre (isole), con forme e collocazioni ben precise, affiorano da un “mare” di ghiaia dove con un rastrello apposito vengono tracciati dei solchi (le onde); un “fiume” nasce da una roccia e origina una distesa di acqua (granito bianco) o ancora un ponte in pietra “scavalca” il mare.
La ghiaia che compone il “mare” deve essere assolutamente di granito bianco con un diametro di 8-10 mm, deve essere rastrellata ogni due o tre mesi e calpestata solo per la rastrellatura; le piogge e il vento, anche se molto forti, non riescono a spostarla. Niente è lasciato al caso, tanto meno le essenze vegetali che, come abbiamo detto, non devono dominare.
Come creare un giardino zen
Anche nelle nostre regioni è possibile realizzare un giardino zen, naturalmente utilizzando materiali locali e scegliendo piante adatte al clima. Vengono inserite alcune piante esemplari come punti focali e numerose tappezzanti, le più alte delle quali formano i “cuscini”, mentre le più basse vanno a sostituire i muschi (non coltivabili facilmente nei nostri climi).
Nella stesura del progetto il paesaggista deve immedesimarsi nella dottrina zen, cercando di prestare la massima attenzione a non alterarne la filosofia concettuale originaria. La costruzione, poi, presenta alcune difficoltà come la ricerca delle rocce che devono apparire lavorate e consumate dal tempo e dalle intemperie.
È necessario preparare con cura il sottofondo del “mare” di ghiaia con opportune pendenze e sistemi drenanti per evitare che l’acqua piovana ristagni in superficie.
Qualora si desideri illuminare l’area, si devono scegliere dei corpi illuminanti privi di una loro bellezza intrinseca, mimetizzandoli in mezzo al verde. Si deve vedere la luce ma non le lampade e i faretti.
Nelle parti con arbusti e tappezzanti è indispensabile l’installazione di un impianto automatico di irrigazione a scomparsa in modo che dall’esterno non sia visibile nessun meccanismo.
La manutenzione del giardino zen
A giardino ultimato si presenta il non facile compito della manutenzione, distinta in lavori di formazione e lavori di mantenimento.
I primi comprendono tutte quelle operazioni di potatura continua per trasformare le piante in vere e proprie sculture viventi; la forma più diffusa sarà quella tondeggiante, ma si otterranno progressivamente anche forme più casuali e meno regolari. Saranno necessari diversi interventi nel corso dell’anno, usando le apposite forbici e non il tosasiepi per evitare di tranciare le foglioline, fino a ottenere una vegetazione compatta simile a quella dei bonsai.
I lavori di mantenimento, invece, comprendono tutti gli interventi ordinari (annaffiature, concimazioni, tosature, trattamenti antiparassitari) necessari a conservare le piante in buona salute; inoltre si dovrà periodicamente rastrellare la ghiaia per formare le “onde del mare”.
(Turingarden, www.turingarden.it)