Ci accorgiamo delle gemme alle soglie della primavera, quando seguiamo con trepidazione la loro apertura che sfocia o nel dispiegamento delle foglioline color verde tenero, o nella schiusura dei petali a formare le prime corolle di stagione. Le gemme sono piccoli, preziosi scrigni di vita sparpagliati sui rami delle piante legnose perenni, alberi, arbusti o rampicanti che siano. È da queste più o meno minuscole protuberanze che ogni anno rinasce la vita vegetale, rendendo felice il giardiniere con un tripudio di fiori e di fogliame.
Come sono fatte le gemme
Sono quasi invisibili, per esempio, su carpini, melograni e spiree, inducendo il giardiniere inesperto alla disperazione di una primavera senza vita; sembrano secche sulle clematidi, il cui aspetto invernale già non aiuta a considerare vive le piante, ma anche sui salici, dove assomigliano a foglioline disseccate; rappresentano invece una corposa promessa su ippocastani, noci e ailanti, dov’è impossibile non notarle anche in pieno inverno, grandi e turgide come rimangono per alcuni mesi.
Sì, perché le gemme, a ben guardare, non si formano all’improvviso alla fine dell’inverno o all’inizio della primavera, bensì sono già presenti, minute e poco visibili, alla caduta delle foglie, in autunno, e permangono sui rami nudi ed esposti alle intemperie per tutta la durata della cattiva stagione. Com’è possibile allora che organelli comunque così piccoli possano proteggere adeguatamente parti vegetali tanto delicate, come appunto sono i germogli di foglioline e fiorellini, anche durante certi gelidi inverni?
La protezione delle perule
Ci riescono perché la natura prodigiosa ha previsto quasi tutto: le ha dotate, infatti, innanzitutto di una robusta custodia, vale a dire di due o più squame – chiamate botanicamente “perule” – cuoiose, rigide e a tenuta stagna, a volte per giunta ricoperte di peli, come nel caso dei salici, che mantengono i preziosi tessuti all’interno perfettamente isolati dall’ambiente esterno, in modo che non solo non penetrino le intemperie, ma che la temperatura rimanga, per quanto possibile, costante.
In secondo luogo, i tessuti interni durante l’inverno non sono certo sviluppati e teneri come li vediamo in primavera, al loro dispiegamento: quando le gemme si formano, sono costituite da poche cellule che solo in un secondo tempo si organizzeranno in veri e propri tessuti. Per di più, queste cellule “preliminari” in inverno rimangono in uno stato di quiescenza che prevede anche un certo grado di disidratazione: mancando l’acqua, non può avvenire il congelamento di cellule quasi “secche”.
Ecco perché, se la temperatura si mantiene entro i valori previsti per ogni determinata zona geografica, le piante a essa idonee non subiscono danni e, anzi, in primavera sbocciano in un tripudio di fiori e foglie. Naturalmente, vale anche viceversa: geli eccezionali o piante che temono il freddo forniscono esiti infausti, proprio perché la natura ha previsto solo il prevedibile, non ciò che – indirettamente o direttamente – viene deciso dall’uomo.