Le chiamano “figlie del vento” perché, in natura (sono originarie dell’America tropicale), prive di ancoraggio come sono, rotolano trascinate dal vento ogniqualvolta non finiscono incastrate fra qualche ramo o altro oggetto. E proprio la mancanza di radici ha fatto pensare che queste strane piante, le tillandsie, “vivano d’aria”, a differenza degli altri vegetali comuni che traggono l’acqua e il nutrimento dalla terra attraverso le radici.
L’apparente impossibilità di assorbire l’acqua ha poi indirettamente fornito alle tillandsie il nome: quando il grande naturalista Linneo battezzò Tillandsia un genere della famiglia delle Bromeliacee (la stessa dell’ananas), volle ricordare l’amico naturalista Elias Tillands. Questi non sapeva nuotare e, per le sue esplorazioni botaniche, preferiva sobbarcarsi lunghi viaggi via terra piuttosto che salire su una nave. Uno scienziato che aveva paura dell’acqua e una pianta che sembra fare a meno dell’acqua: ecco com’è saltato fuori il nome del genere.
In effetti, le tillandsie sono piante epifite: si appoggiano su un altro sostegno vegetale (ma anche sui cavi telefonici) purché sopraelevato, però non sono parassite, perché non insinuano ramificazioni nell’ospite e non rubano sostanze nutritive o linfa. A loro occorrono solo la luce del sole per la fotosintesi, e l’umidità che l’aria e la pioggia portano con sé, assieme a concentrazioni minime – ma ottimali per la pianta – di sali minerali, molecole azotate e altre sostanze. Queste vengono risucchiate da appositi peli assorbenti, i tricomi, presenti sulle foglie: si tratta di strutture complesse paragonabili a pori. Sulle foglie vive inoltre una ricca microflora, tra cui i batteri azotofissatori che sono capaci di utilizzare l’azoto atmosferico. Quindi, sicuramente non sono piante che vivono d’aria, ma certamente sono molto parche nei loro consumi ed esigenze.
Caratteristiche che oggi le rendono adattissime come piante d’appartamento insolite, ornamentali e di semplicissima gestione. La collocazione migliore è appese nella stanza da bagno (la più umida), baciate da un po’ di luce senza raggi solari diretti e vaporizzate ogni giorno possibilmente con acqua piovana (pulita, non la primissima che cade) per incrementarne l’umidità, con una temperatura non inferiore a 13 °C. In estate si possono appendere sotto le fronde ombrose di un albero, provvedendo sempre a frequenti nebulizzazioni.
Sono caratterizzate da foglie lineari di colore verde scuro o chiaro oppure grigio, a seconda della specie, in genere piuttosto coriacee e ricoperte da squame riflettenti, capaci di assorbire l’acqua piovana e, nel contempo, di proteggere l’epidermide dal sole eccessivo, limitando le perdite d’acqua per traspirazione. In estate regalano infiorescenze alte fino a 30 cm, simili a spighe piatte, formate da fiori multicolori nei toni del blu, azzurro, rosa, carminio. Come in tutte le Bromeliacee, alla fioritura segue la produzione di nuovi germogli basali, che sostituiscono poi la pianta madre.
Periodicamente circolano voci più o meno credibili sulle proprietà antifumo e antismog delle tillandsie. In realtà, ogni chilogrammo di pianta ne assorbe 0,2 mg, peccato che ogni pianta pesi al massimo 100 g! Inoltre, man mano che le foglie si saturano di polveri assorbite dall’aria, si seccano. Quindi, meglio smettere di fumare o andare a vivere in campagna!