Originario delle regioni mediterranee, già nel nome (dal greco kìstis, “vescica”) il cisto ricorda la forma delle capsule che racchiudono i semi. Il genere Cistus comprende piante sempreverdi, rustiche e semirustiche, suffruticose ed erbacee; gli arbusti presentano foglie aromatiche di colore verde scuro sulla pagina superiore e argentee su quella inferiore. I fiori hanno cinque petali increspati, bianchi, rosa, porpora, viola, rosso vinoso, apprezzati per l’effetto che unisce la grazia dei fiori (simili a quelli della rosa canina) alla rusticità della macchia, e per l’abbondanza della fioritura, che si succede per settimane.
Nella macchia mediterranea
In Italia, i cisti si trovano comunemente allo stato spontaneo, soprattutto nei luoghi aridi e silicei, dove concorrono alla creazione della “macchia mediterranea”, prosperando benissimo nelle zone calcaree, nelle macchie, nelle garighe, al limitare dei boschi e comunque in zone esposte al sole, dal mare fino ai 1.000 metri di quota.
Sono adatti alla creazione di siepi o di macchie o per coperture di pendii sassosi; un bel cespuglio rende anche da solo, mentre le forme nane si impiegano nei giardini rocciosi. Sono vincolati alle zone dove l’inverno è mite; tuttavia, alcune ottime collezioni si trovano anche in Gran Bretagna e, più vicino a noi, numerosi esemplari vegetano benissimo anche a Bolzano e a Merano, in punti molto riparati ed esposti a meridione.
Nel Nord Italia coltivateli solo se potete assicurare una protezione invernale: in un sito soleggiato e non battuto dal vento, avvolgendoli con stuoie e tessuto non tessuto, e pacciamandone bene la base. Oppure in un grande vaso in plastica – curando con attenzione il drenaggio – per poterlo ritirare in inverno.
Coltivazione facilissima
I cisti si adattano a ogni tipo di terreno, anche povero, arido e sassoso, o argilloso e pesante purché ben drenato. Sopportano senza problemi periodi di siccità anche lunghi: in genere si accontentano delle piogge, dal terzo anno dall’impianto in poi. A primavera si esegue la potatura per contenerne la forma, ma soltanto sui cespugli più vecchi. Non soffrono di particolari malattie: fate tuttavia attenzione agli afidi.
Per la moltiplicazione, è sconsigliato l’utilizzo dei semi, perché la facilità con cui i cisti si ibridano fra loro li rende inaffidabili se volete ottenere precise specie e cultivar. Qualora invece la “sorpresa” del risultato non rappresenti un problema, la riproduzione per seme si può avviare in serra nel mese di marzo, facendo germinare i semi appoggiati su un substrato sabbioso e trasferendo a dimora le piantine in giugno. Ma, quando possibile, è consigliabile seminare direttamente in piena terra per evitare il trapianto, spesso dannoso.
La moltiplicazione vegetativa si effettua per mezzo di talee semilegnose, prelevate a settembre: interrate i rami in vasetti contenenti terra sabbiosa e fateli radicare in cassone freddo o in serra.
Un cisto più bello dell’altro
Cistus albidus fiorisce da maggio a giugno ammantandosi di petali rosei con unghia gialla; non supera 1,5 m di altezza. C. laurifolius sboccia da maggio a luglio con corolle bianche dal cuore giallo; supera il metro d’altezza con i suoi rami eretti e pelosi; è molto diffuso lungo le coste della Toscana, ma sopporta bene anche il freddo (è la specie più raccomandabile per il Nord Italia). C. salviaefolius (chiamato brentina, scornabecco o cisto femmina) fiorisce precocemente, già da aprile e fino a giugno, con fiori solitari bianchi dall’unghia gialla, penduli prima dell’apertura; le foglie sono soffici, intensamente pelose, e somigliano a quelle della salvia; raggiunge gli 80 cm d’altezza.
C. villosus (sin. C. incanus) è diffuso fino al Cesenate; si copre di fiori da aprile (già in inverno nelle aree più miti) a giugno, dai petali delicati rosa-lilla a unghia gialla. C. monspeliensis (detto cisto marino), alto circa 1 m, produce fra aprile e giugno piccoli fiori bianchi, portati in gruppi di 3-10 corolle. C. ladaniferus è fra le specie più apprezzate, chiamata anche cisto della gomma a causa della resina balsamica, detta ladano, conosciuta in Egitto già al tempo dei faraoni: il fogliame è fortemente aromatico; fiorisce in maggio-giugno con grandi corolle dai petali bianchi e unghia color porpora. C. crispus è molto diffuso nelle regioni più calde della Penisola, soprattutto su terreni acidi; non supera i 50 cm; schiude i fiori rosa scuro da aprile a giugno.
Infine, numerosissimi sono gli ibridi assai decorativi: per esempio, ‘Peggy Sammons’ si distingue per i fiori rosa pallido e C. purpureus per le corolle rosse, C. pulverulentus ‘Sunset’ ha petali rosa intenso e foglie verde-grigiastro dai margini ondulati.
L’arbusto degli incendi
Il Cistus ha una grande capacità di reazione agli incendi. Non perché resista al fuoco, ma perché la germinazione dei semi che hanno subito il passaggio delle fiamme è 10 volte superiore a quella dei semi che non lo hanno passato. Dopo il fuoco, infatti, i cisti si affidano alla sola propagazione per seme.
In laboratorio, è stato appurato che nei semi di C. incanus e C. monspeliensis l’esposizione a temperature superiori a 120 °C per 90 secondi provoca spaccature nel tegumento seminale che consentono l’assorbimento d’acqua. In C. ladanifer, C. albidus, C. salviaefolius e C. monspeliensis l’esposizione dei semi a temperature comprese tra 50 e 100 °C per 10-30 minuti aumenta la capacità germinativa.
Il fuoco non è tuttavia indispensabile: in realtà, le temperature ottimali per la germinazione sono relativamente basse (intorno a 17 °C). la doppia possibilità di germinazione si può dunque interpretare come una strategia di adattamento al clima mediterraneo.
(di Michele Faro, di Vivai Piante Faro)