Alzi la mano chi non ha provato, dopo aver mangiato un burroso frutto di avocado, a prelevare il grosso nocciolo contenente il seme e a metterlo in terra o in acqua affinché germogliasse! Da quando il grosso frutto è arrivato sulle nostre tavole, all’incirca a metà degli anni ’70 del secolo scorso, tutti abbiamo fatto questo “esperimento” che quasi sempre va a buon fine. Ma quando la pianta cresce, come va coltivata? E come riuscire a farla fruttificare?
Com’è fatto l’avocado
L’avocado (Persea americana = P. gratissima) è una Lauracea arborea di 10-15 m, con chioma compatta e apparato radicale molto ramificato e profondo.
La chioma, tondeggiante, è data da foglie lanceolate, ovali, lucide, rigide, quasi cerose, color verde scuro. La pianta è sempreverde, ma, prima della fioritura, in alcune varietà può perdere le foglie per rimetterle dopo l’allegagione dei frutticini.
I fiori, molto piccoli, insignificanti, sono portati da racemi molto densi, all’apice dei rami. Vengono prodotti da aprile ad agosto.
I frutti sono drupe di forma simile a una pera di grosse dimensioni, con buccia di colore verde scuro o porpora-violaceo-marrone, liscia o corrugata, con un solo grosso seme all’interno. La polpa, abbondante, è burrosa, ricca di grassi polinsaturi (benefici), di colore crema o leggermente verdognolo. La maturazione dei frutti si compie nell’arco di diversi mesi (anche 6, quindi la raccolta inizia a novembre e si protrae fino a marzo a seconda delle varietà) direttamente sui rami della pianta; in alternativa si possono raccogliere e porre in una cassetta insieme ad alcune mele (ma il sapore sarà meno gustoso rispetto alla maturazione in pianta): l’avocado è maturo quando la polpa risulta leggermente cedevole alla pressione delle dita.
È una pianta piuttosto longeva, ma dalla crescita rapida: anche 1 m in 2-3 anni. In vaso in appartamento può vivere fino a 10 anni, prima di diventare troppo ingombrante.
Il clima per l’avocado
L’avocado è una pianta originaria dell’America centrale (Messico dove gli Aztechi lo chiamavano “burro di bosco”, Guatemala, Antille), quindi ama un clima subtropicale o, ancora meglio, tropicale. Oltre al freddo (tollera solo per un paio di giorni gli 0 °C, la minima sopportabile per molti giorni è di 5 °C), teme molto il vento gelido invernale, che “lessa” le foglie; non ama nemmeno il vento in estate, perché danneggia le foglie e i frutti; in zone ventose è indispensabile riparare la pianta dal vento anche con un frangivento.
Dall’Emilia-Romagna in su la pianta va coltivata in vaso, da ricoverare in una stanza fresca e luminosa da novembre ad aprile. Solo nelle zone più calde d’Italia si può coltivare anche in piena terra in giardino. Le foglie comunque cadono se la temperatura scende sotto i 10 °C.
Anche nel Sud Italia bisogna comunque tenere pronti una pacciamatura per il piede, e soprattutto teli di iuta da avvolgere intorno al tronco e teli di plastica da disporre sulla chioma nel caso di discese sottozero o, ancora peggio, di nevicate che bruciano il fogliame.
Come si coltiva in vaso
Per ottenere una nuova pianta da seme, procedete così: ponete il nocciolo, con l’apice verso l’alto, in sospensione su un bicchiere (infilzandolo appena con tre stuzzicadenti appoggiati sul bordo) in modo che solo il fondo sia a contatto con l’acqua. Nell’arco di un mese circa il guscio si aprirà e fuoriuscirà una radichetta. Lasciate irrobustire la radice, per un altro mese, poi ponete la piantina in un vasetto di almeno 20 cm di diametro, con un tutore alto 1 m, con terriccio per acidofile, torba, terra da giardino e sabbia in parti uguali. Tenete il substrato sempre leggermente umido.
La coltivazione in vaso in Italia porta a piante di bell’aspetto (purché il vaso sia di medio-grandi dimensioni, poiché l’apparato radicale è espanso) ma che non fruttificano. La pianta va mantenuta in posizione riparata dai venti, irrigata regolarmente e riparata in ambienti luminosi con temperatura intorno ai 15-18 °C durante l’inverno. Non va potata. Da metà marzo a metà settembre concimatela con un prodotto a base di azoto per i primi due anni (es. per piante verdi), a base di potassio dal terzo anno in poi (es. per pomodori). In estate spostate il vaso all’esterno. In aprile ogni anno rinvasate in un vaso di due misure in più, sostituendo anche il tutore per i primi 6 anni.
Naturalmente, per una pianta ottenuta da seme dal frutto comperato al supermercato, non è possibile conoscere la varietà, né ricavare frutti…
Come ottenere i frutti
Pur essendo ermafroditi, i fiori non permettono l’autofecondazione per un curioso meccanismo di sfasatura nell’apertura di organi femminili e maschili. I fiori delle varietà del gruppo A aprono la parte femminile nelle ore mattutine del primo giorno di schiusura, ma le antere maschili sono ancora chiuse e non riescono a fecondare il proprio fiore, perché il pistillo (femminile) si richiude a fine mattinata del primo giorno; nel pomeriggio del secondo giorno invece le antere sono pronte a fecondare, ma il pistillo non è più fecondabile. I fiori delle varietà del gruppo B aprono il pistillo nel pomeriggio del primo giorno, richiudendolo a sera, e il giorno dopo aprono le antere al mattino per richiuderle a fine mattinata. Ciò significa che, per ottenere frutti, è indispensabile coltivare due piante appartenenti una a varietà del gruppo A e l’altra a varietà del gruppo B: fruttificheranno entrambe grazie all’impollinazione crociata.
Altra cosa da tenere presente: le piante nate da seme in casa impiegano anche 10 anni prima di fruttificare, naturalmente solo nelle zone a clima sufficientemente mite. Per abbreviare l’entrata in produzione a 3-4 anni, si può tentare la strada dell’innesto, che però non è un’operazione semplice, anche perché esistono alcune varietà pronte per l’innesto in febbraio, altre in marzo, altre ancora in aprile. Si effettua l’innesto a taglio obliquo, che però difficilmente attecchisce anche se operato da professionisti.
Le varietà di avocado
Gli ecotipi (“razze”) originari sono tre: messicano, guatemalteco e antillano, dalle tre terre d’origine.
La tipologia messicana ha germogli e foglie verdi, frutti quasi neri e profumati di anice; dà frutti più piccoli (170 g) ed è quella che resiste di più al freddo (anche –5 °C per le piante adulte), ma non alla salinità del suolo. Comprende le varietà Bacon (B), Fuerte (B), Shepard (B) e Zutano (B).
La guatemalteca ha germogli, foglie e frutti violacei, inodori; proviene dagli altipiani del Guatemala e resiste mediamente al freddo (fino a 0 °C); produce frutti di medie dimensioni (250 g). Si coltivano le varietà Gwen (A), Hass (A), Nabal (B) e Reed (A).
L’antillana ha germogli, foglie e frutti verdi, inodori; non resiste assolutamente a temperature inferiori a 5 °C, ma tollera molto bene aria e suoli salmastri; dà frutti molto grossi (400 g).
Fra gli ibridi, non riconducibili a un ecotipo iniziale, ci sono Ettinger (B), ibrido messicano-guatemalteco; Pinkerton (A), Stewart (A), Holiday (A), Opal (A), Joey (B). Interessante, ma poco reperibile in Italia, la varietà Little Cado, che porta sulla stessa pianta fiori del gruppo A e fiori del gruppo B: praticamente diventa “autofertile”.
Per l’Italia si consigliano le varietà Hass (A) e Fuerte (B).
Come si coltiva in giardino
Delle esigenze climatiche si è già parlato più sopra. La posizione deve essere quindi riparata dal vento e ben soleggiata.
Il terreno deve essere leggero, sciolto, fertile, fresco e con pH neutro. Non si adatta a terreni pesanti, argillosi, non drenati o acidi. È una pianta che ha bisogno di spazio (almeno 5 x 5 m).
Necessita di irrigazione continua durante tutta la bella stagione: il terreno deve rimanere sempre leggermente umido, sebbene ben drenato (senza ristagni). È consigliabile mantenere il terreno inerbito (non si ha concorrenza fra il potente apparato radicale dell’avocado e le infestanti).
La concimazione si effettua da marzo a novembre con un prodotto per agrumi.
La potatura va eseguita nei primi anni (potatura di formazione) in primavera, per ottenere 2-3 ramificazioni per ogni palco. In seguito è preferibile non toccare più l’albero, se non per sfoltire la vegetazione: l’avocado fatica a rimarginare i tagli.
L’unica avversità è la peronospora (Phytophthora cinnamomi), che colpisce il colletto e poi le radici di piante poste su un terreno con ristagno idrico e/o eccessivamente concimata con azoto.