Una parte degli ortaggi che portiamo comunemente in tavola era sconosciuta in Europa prima del 1492. Guardati inizialmente con molto sospetto, ora non ne potremmo più fare a meno…
Se l'America non fosse stata scoperta, bisognava cercarla se non altro per il cacao, pianta originaria appunto dell'America centrale.Beati i Maya, che lo coltivavano a partire dal 1000 a.C., e fortunati anche gli Aztechi, dato che la "cioccolata" non faceva distinzione di classi: i ricchi, alla corte di Montezuma, la sorbivano per digerire sotto forma di bevanda schiumosa, amara e speziata con aggiunta di peperoncino, pepe di Caienna, farina di mais e acqua di rose (xocoatl); i poveri invece ricevevano i semi come salario, preparando solo con essi un intruglio terribile, ma utile a reggere la fatica.
La pianta era tanto preziosa da essere chiamata "albero degli dei", in lingua azteca cacahuaquchtl, donde la parola "cacao" (kakaw in lingua maya) per il prodotto derivato: il medesimo onore ricorre anche nel nome scientifico Theobroma (cibo di dio) cacao. Nel tesoro dell'imperatore Montezuma, accumulato in alcuni decenni di regno, si trovò quasi un miliardo di preziosissimi semi!
Il cacao dalle Americhe all'Europa
Con la conquista del Messico da parte di Cortés, nel 1519, la bevanda raggiunge l'Europa (i semi portati da Colombo nel 1502 alla regina Isabella caddero nel dimenticatoio), dove la ricetta originale non incontra favori: il missionario gesuita spagnolo José de Acosta, che visse in Perù e in Messico nel tardo XVI secolo, la definì “disgustosa per coloro che non la conoscono”.
Ma altri gesuiti spagnoli, attorno al 1585, la modificarono con l'aggiunta di miele e vaniglia e l'eliminazione delle spezie piccanti, rendendola più simile alla nostra cioccolata in tazza.
È l'inizio del successo: a cavallo fra '500 e '600 il cacao arrivò in Italia, in Piemonte, grazie a Caterina, figlia di Filippo II di Spagna, che sposò nel 1585 Carlo Emanuele I, duca di Savoia. All’inizio del XVII secolo raggiunge la Toscana e, nel 1606 si ha notizia che il cioccolato venisse prodotto a Firenze, Venezia e Torino.
E finalmente, nel XVIII secolo in tutte le corti europee si serve la cioccolata in tazza preparata con latte e uova; viene ammessa anche in chiesa, in quanto medicina e non alimento: era infatti considerata una panacea, utile contro svariati disturbi, dai reumatismi al mal d'amore.
Bisogna attendere però il secolo scorso per l'ingresso nelle case borghesi, dove perde l'aura di medicamento e diviene più banalmente un ricostituente.
Sono infine i soldati americani alla fine della Seconda guerra mondiale a distribuire le golosissime tavolette a chi, indigente, non se le era mai potute permettere. Il resto della storia è, letteralmente, sulle bocche di tutti!
(A cura di Elena Tibiletti - Pubblicato su Giardinaggio 5/2014)