Se passate dal Trentino-Alto Adige c’è un luogo green che non potete assolutamente perdervi, anzi: è bene che programmiate una giornata da dedicare in esclusiva al Muse, il Museo delle Scienze di Trento, visitato da 2 milioni e 700mila persone da quando è stato inaugurato, nel 2013. Perché il Muse non è il classico “museo” di scienze naturali: certo, potete trovarvi erbari, fossili, insetti e animali tassidermizzati, ma soprattutto ogni pochi mesi ammirerete mostre multimediali che spaziano dalle foreste ai lupi, dagli squali alla “notte al museo”, dai “mostri” del Triassico alle fake news, dagli anfibi alle piante officinali, dai colori alla preistoria, dai piccoli frutti alle piante tintorie e molto altro per tutta la famiglia, con interazioni e laboratori che lasciano a bocca aperta.
Ma tornando al magico mondo delle piante, oltre alle collezioni botaniche sempre diverse negli spazi esterni – una fra tutte, quella di peperoncini con centinaia di varietà una più piccante e colorata dell’altra – da circa un anno due sono le attrazioni verdi da vedere subito: il Biòtopo e la Serra. Il primo è stato inaugurato nell’ottobre 2022, mentre la seconda ha finalmente riaperto dopo i due anni di stop pandemico.
Un biòtopo in città
È stato inaugurato nell’autunno 2022, ma è diventato davvero rigoglioso e abitato nella primavera 2023: il biotopo Muse, nel cuore della città di Trento, spiega molto bene l’importanza di conoscere e tutelare gli ambienti umidi di fondovalle. Con al centro un laghetto urbano che custodisce specie vegetali acquatiche e palustri, alcune molto rare, il nuovo spazio di circa 2.000 metri quadri è un unicum nel panorama museale italiano.
È una piccola oasi di biodiversità, un luogo dove scoprire piante, anfibi e insetti acquatici, passeggiare e rilassarsi, un laboratorio a cielo aperto per lo studio, la conservazione naturalistica e le attività educative legate alla Citizen Science. Il biotopo urbano, percorso da una passerella, con panchine e zone d’ombra, è accessibile tutti i giorni dalle 9 alle 18, a disposizione di cittadini, visitatori e amanti della natura. Già immaginato nel progetto originario dall’architetto Renzo Piano, il biotopo è stato realizzato sul lato ovest dell’edificio, tra la serra tropicale e via Sanseverino, e presenta le caratteristiche delle aree umide dei fondivalle trentini, con la particolarità di trovarsi in un contesto urbano.
Sui 2.000 mq 600 sono occupati da uno specchio d’acqua (profondo 1,80 m) e altri 200 da una zona palustre: è un prezioso scrigno di biodiversità cittadina, uno spazio naturale “inaspettato” che è già diventato casa di diverse specie animali come libellule, rospi smeraldini e uccelli e dove sono stati piantati oltre 4.000 esemplari di 80 specie botaniche acquatiche e palustri autoctone, alcune delle quali quasi scomparse dalle zone umide del Trentino.
Si anima con eventi a tema, attività di ricerca e proposte per le scuole con l’obiettivo di coinvolgere e appassionare le giovani generazioni alle questioni ambientali più attuali.
Scrigno di varietà vegetali e animali
Il messaggio è chiaro e in controtendenza: riscoprire e apprezzare la grande ricchezza vegetale e animale che ruota attorno agli ambienti umidi, in passato considerati inutili e spesso bonificati per far spazio a nuovi terreni agricoli. Come spiega il botanico Alessandro Cavagna: «L’obiettivo è duplice: ricreare “un micro-hotspot di biodiversità” e sensibilizzare il pubblico sugli ecosistemi acquatici e palustri, habitat un tempo diffusi in tutti i fondivalle e oggi in forte regresso e a rischio di scomparsa. Il biotopo incrementa la biodiversità nel verde attorno al museo e, al contempo, offre una sede definitiva e adeguata a una parte cospicua del patrimonio di piante acquatiche e palustri ospitate nel Vivaio provinciale. Qui, da oltre 20 anni, a partire da esemplari raccolti quasi esclusivamente sul territorio della Provincia di Trento, si coltivano più di 100 specie acquatiche e palustri autoctone da utilizzare negli eventuali progetti di ripristino ambientale».
È una collezione preziosa, la più cospicua fra i vivai pubblici italiani, che ha trovato casa al Muse. Il nuovo biotopo presenta frammenti degli ambienti più tipici delle aree umide di fondovalle: lo specchio d’acqua con le ninfee (lamineto), la vegetazione di sponda (magnocariceto, cladieto), i prati umidi (molinieto, cariceto, alte erbe igrofile) e i boschi ripariali (ontaneto). Ogni specie presente nel biotopo ha una storia. L’aglio angoloso (Allium angulosum), l’elleborina palustre (Epipactis palustris) e l’iris siberiana (Limniris sibirica), per esempio, provengono dalle popolazioni da un'ex area umida locale, una zona di rilevante interesse botanico scoperta nel 1999 e distrutta pochi anni dopo a causa di un allargamento industriale.
A livello di fauna, hanno già fatto capolino tra le piante, le libellule e altri insetti, rospi smeraldini, anatre, aironi e altri uccelli sia acquatici che terrestri, autonomamente giunti al biotopo alla ricerca di riposo o di piccole prede acquatiche di cui nutrirsi. Racconta il biologo del Muse, Osvaldo Negra, che ha curato gli aspetti divulgativo-scientifici del progetto: «In Trentino, nei fondivalle, le bonifiche e le conversioni agricole hanno cancellato la quasi totalità di stagni, paludi, canneti e boschi ripariali, con pesanti ripercussioni sulle popolazioni di piante acquatiche e palustri e su un gran numero di specie animali a esse collegate. Con questo progetto abbiamo ricreato un ambiente naturale simile a quello che si sarebbe potuto osservare 150 anni fa. Un ambiente accogliente per anfibi, insetti e uccelli».
In serra i Tropici
Proprio a fianco del biotopo, ma all’interno della struttura vetrata disegnata da Renzo Piano, si trova la Serra tropicale montana, che ha riaperto i battenti dopo due anni di chiusura al pubblico a causa della pandemia e si mostra ora in tutta la sua ricchezza. La serra è una finestra sulla biodiversità delle foreste pluviali montane dei Monti Udzungwa in Tanzania, dove da anni il Muse svolge progetti di ricerca e monitoraggio ambientale.
Al suo interno, nei 600 metri quadrati di superficie protetti da un involucro di vetro e acciaio, la rigogliosa vegetazione ha espanso la sua presenza, diventando ancora più fitta e densa di specie. Sono oltre 200 le specie botaniche radicate in serra e si contano alcune new entry, sia in termini specifici, sia in forma di fioriture o fruttificazioni: ben 6 specie di vaniglia – tra cui la Vanilla imperialis, la più grande esistente al mondo – si arrampicano sulle rocce e per la prima volta nel 2022 uno dei tre alberi di cacao ha fruttificato assieme alla papaia, ai banani, al Jackfruit (frutto della Artocarpus heterophyllus) e al primo frutto di vaniglia. Per la seconda volta in Italia (la prima si era verificata sempre al Muse durante il lockdown), è fiorita la Pseudohydrosme gabunensis, pianta della famiglia delle Aracee, endemica delle foreste del Gabon. Il suo fiore ricorda vagamente un grammofono, con colorazione di fondo giallo-verdastra e al centro una vistosa macchia dal rosso cupo; la sua fragranza – come suggerisce il nome scientifico – odora di serpente d’acqua!
Il botanico del Muse, Francesco Blardoni, aggiunge che: «In serra custodiamo diversi endemismi delle montagne dell’Eastern Arc della Tanzania, alcuni dei quali molto rari come Allamblackia ulugurensis, un albero con semi commestibili utilizzato localmente per la produzione di sapone. L’obiettivo non è quello di creare un giardino tropicale, bensì di far immergere il visitatore in uno spaccato autentico di una foresta tanzaniana. Per perseguire al meglio il tema della serra montana africana, durante il periodo di lockdown abbiamo realizzato anche un grande lavoro di sostituzione delle specie botaniche asiatiche, originariamente utilizzate come controfigure, con nuove specie proprio di origine tanzaniana».
Anche la serra, come il biotopo esterno, è un ecosistema in miniatura e tra le fronde, i frutti e gli specchi d’acqua si nascondono 13 specie di animali, tra anfibi, uccelli e pesci. Agli occupanti di vecchia data si è recentemente aggiunta una coppia di anatre dal dorso bianco, Thalassornis leuconotus, specie acquatica originaria dell’Africa sub-sahariana.
Il Giardino dell’Uva
Ultimo spazio del Muse dedicato alla conservazione e divulgazione della biodiversità vegetale, è quello dedicato agli Orti tematici. Qui, ogni anno si sviluppano mostre, allestimenti e proposte a tema agricolo, come ad esempio il recente Giardino dell’Uva, il vigneto dedicato alla sostenibilità nel futuro della viticoltura in Trentino. Creato da una sinergia con la cantina Endrizzi di San Michele all’Adige, questo spazio completa le coltivazioni locali negli orti e ospita i filari delle principali viti resistenti alle malattie studiate dalla Fondazione Mach (Centro di ricerca agraria a San Michele all’Adige).
Avete capito perché consigliamo di trascorrere una giornata intera al Muse? Basta che amiate la natura: lo spettacolo ve lo consegna il Muse a Trento città!
INFO UTILI per il Muse
- Biotopo e Orti tematici: sempre visitabili da febbraio 2023, senza biglietto di ingresso. Orario 9-18.
- Muse: il museo (inclusa serra) è visitabile dal martedì al venerdì con orario 10-18, sabato, domenica e festivi 10-19. L’ingresso è garantito solo con l'acquisto del biglietto online valido per una permanenza massima nelle sale espositive di 3 ore. Non è possibile prenotare il biglietto di ingresso telefonicamente o via mail. I biglietti sono acquistabili con al massimo 10 giorni di anticipo. Il Muse e le sue sedi territoriali aderiscono all'iniziativa “Prima domenica gratuita”.
- Tariffe: intero € 11,00, ridotto 9,00, due genitori con figli minorenni € 22,00, un genitore con figli minorenni € 11,00. Non è consentito l’ingresso agli animali, anche se di piccola taglia. È disponibile – su prenotazione – un servizio per chi ha necessità di lasciare in custodia il proprio cane durante la visita al Muse.
- www.muse.it – 0461/270311 - Museinfo@muse.it
Giunco fiorito, lungo le rive
Il giunco fiorito (Butomus umbellatus) si pianta in terra lungo le rive del laghetto, dove erige le lunghe (60 cm) foglie nastriformi e soprattutto le infiorescenze, da giugno a settembre: grandi ombrelle, dal diametro di circa 10 cm, fatte di numerosi fiori rosa a coppa. Può rimanere con le radici nell’acqua per tutto l’anno, inverno compreso, perché non teme il gelo. È facilmente reperibile nei vivai di piante acquatiche.
Ninfea comune, pure al gelo
È la più rustica fra le ninfee: Nymphaea alba, la ninfea comune, è una pianta acquatica italiana molto resistente e in grado di svernare nell’acqua anche sotto uno strato di ghiaccio, purché ci siano almeno 30 cm di profondità. La fioritura, color neve e molto abbondante, avviene da giugno a luglio. Per facilitarla bisogna eliminare parte del fogliame e recidere le corolle sfiorite. Si trova in tutti i vivai di piante acquatiche.
Olmaria, amica delle api
Chiamata anche (erroneamente) “spirea”, l’olmaria (Filipendula ulmaria) è un’erbacea perenne molto rustica che tra aprile e luglio produce ricche infiorescenze di minuti fiorellini candidi, apprezzatissimi dalle api e utilizzabili per aromatizzare il vino dolce. Vuole un terreno sempre umido e un posto al sole o a mezz’ombra. Si trova nei vivai di piante erbacee perenni. Contiene acido salicilico (quello dell’aspirina).
Banano, anche all’aperto
Molto di moda come pianta d’appartamento, il banano (Musa ensete) vive bene in giardino anche in Val Padana, se coperto d’inverno con stuoie o teli di non tessuto e pacciamato alla base. Ma per vederne i frutti bisogna scendere in Sicilia, oppure, come al Muse, coltivarlo in serra calda. È comunque una pianta erbacea che periodicamente si rinnova con giovani “fusti” in sostituzione di quelli vecchi.
Ibisco ragno, effetto WOW
Se amate gli ibischi, l’ibisco ragno (Hibiscus schizopetalus) sfoggia, tra maggio e novembre, fiori singoli, vistosi, penduli, rossi, larghi fino a 8 cm, con petali profondamente sfrangiati. Soffre a 12 °C, quindi nel Nord Italia va coltivato in vaso da proteggere in casa durante l’inverno. Desidera un terriccio torboso sempre appena umido ma senza ristagni idrici. È reperibile nei vivai di piante mediterranee ed esotiche.
Ninfea tropicale, solo al caldo
A differenza delle ninfee rustiche, quelle tropicali, come Nymphaea caerulea, possono morire quando la temperatura dell’aria scende sotto i 12 °C. Nel Nord Italia vanno perciò coltivate in vaso da estrarre all’inizio di ottobre e conservare in una tinozza in cantina o in magazzino, con un po’ di luce naturale. Fioriscono per tutta l’estate, di giorno, e spesso sono profumate. Si trovano nei vivai di piante acquatiche.
Pachistachis, esotica non rara
Nella pachistachis (Pachystachys lutea) dalla primavera all’autunno all’apice dei fusti legnosi nascono infiorescenze coniche (lunghe 15 cm) di brattee giallo oro (permangono per oltre 2 mesi) che avvolgono fiori tubulosi, bianco crema, lunghi 5 cm, rivolti verso l’alto. Poiché soffre sotto i 15 °C, in quasi tutta Italia si coltiva in vaso da spostare in casa a fine settembre. Si trova nei migliori garden e nei vivai di piante esotiche.
Vaniglia, solo per i fiori
La vaniglia (nella foto Vanilla gigantea) è un’orchidea che viene coltivata non per i fiori, bensì per le capsule (frutti o “baccelli”, nella foto) aromatiche, che non si ottengono in cattività perché manca l’impollinatore. In Italia si coltiva solo in casa, ancor meglio in serra calda come al Muse: vuole un’umidità ambientale dell’80% e acqua non calcarea. Fiorisce dopo i 3 anni d’età in giallo-verde. Reperibile nei vivai di orchidee.