Botanico, fondatore nel 1568 dell’Orto botanico di Bologna (in posizione diversa rispetto all’attuale), collezionista di meraviglie: la maggioranza di chi conosce Ulisse Aldrovandi (1522-1605) lo definirebbe così.
Chi era Ulisse Aldrovandi
Ma oggi, con gli occhi “moderni” lo si può definire anche come il primo scienziato della storia, il primo a voler guardare ogni essere vivente, animale o pianta, “dall’interno” con i mezzi di allora, descrivendolo fedelmente per quanto trovato, e disegnandolo esattamente per com’era, al punto da costringere i numerosi disegnatori dell’epoca a rinunciare al proprio stile disegnativo per riprodurre esattamente il modello in tutti i suoi particolari. Fino a far incidere circa 8000 tavolette in legno di pero (la metà circa delle quali pervenuteci) come matrici per poter stampare più copie dei suoi libri in cui mostrare queste meraviglie della natura a un “vasto” pubblico.
Già, il pubblico: Aldrovandi fu modernissimo anche perché per primo non tenne per sé le sue scoperte naturalistiche, bensì le condivise con centinaia di altri studiosi italiani ed europei, convinto che solo la condivisione del sapere potesse far progredire la scienza, mentre fino ad allora (la metà del Cinquecento) ogni scienziato custodiva gelosamente le proprie indagini.
Poi, sempre con gli occhi di oggi, Aldrovandi fu anche un maniaco ossessivo afflitto da disturbo da accumulo: più di 18mila reperti (incluse zanne d’elefante, canini di narvalo, fanoni di balena e carapaci di tartarughe) accatastati nel palazzo bolognese dove viveva, insieme a più di 3900 libri (una rarità, all’epoca), tanto da colonizzare perfino la stanza da letto. Un memorabilia che lo stesso Aldrovandi definiva come “l’ottava meraviglia del mondo”, che tutti i personaggi illustri, dai papi ai generali, dai nobili ai pittori, non mancavano di visitare passando per Bologna, per un totale di quasi 1600 persone annoverate nel suo Libro dei visitatori. Egli stesso scrisse libri, bozze e appunti in quantità esorbitante, riorganizzati dalla moglie, per un totale di 350 tomi.
Tutto questo emerge dalla mostra L’altro Rinascimento. Ulisse Aldrovandi e le meraviglie del mondo, visitabile a Bologna a Palazzo Poggi (Via Zamboni 33, Rettorato) fino al 10 aprile 2023. E tanto altro da scoprire anche grazie al godibilissimo podcast, scaricabile mediante QR code all’ingresso, letto da Giovanni Carrada, che spiega teca per teca, video per video, il significato dei reperti in mostra. Podcast preceduto da un video di 10 minuti che illustra il quadro storico del ‘500, a cavallo fra Rinascimento e Inquisizione, e le vicende erratiche dello stesso Aldrovandi, che avrebbe voluto girare il mondo in una inesauribile sete di conoscenza e, invece, fu costretto a fermarsi a Bologna, facendo quindi arrivare i pezzetti di mondo a casa sua.
Non dimentichiamo che l’America era stata appena scoperta, e – immaginiamo – una delle maggiori frustrazioni di Aldrovandi fu proprio non potervisi recare per vedere con i suoi occhi le meraviglie del mondo.
Naturalisti e botanici ante litteram
Senza spoilerare troppo, chi visita la mostra trova per esempio il quadro di Gherardo Cibo, Naturalisti che erborizzano in campagna, vigilati da un gigantesco Veratrum album. Aldrovandi scriveva che solo dopo esser stati sul campo si potrà trascrivere il libro della natura in un libro vero: «Non iscrivendo cosa alcuna che co’ propri occhi io non habbi veduto, et con le mani mie toccato». Per noi oggi è ovvio, ma all’epoca fu una grandissima novità!
E poi il Ritratto di botanico di Bartolomeo Passerotti, dipinto con due piante di camomilla di specie diverse e i vasi da speziale: all’epoca la botanica non era una scienza a sé stante, bensì la disciplina propedeutica alla medicina, poiché gli unici medicamenti esistenti erano a base di prodotti naturali, piante, animali e minerali. La conoscenza della botanica era dunque fondamentale per un medico, quale era Aldrovandi, e tuttavia i suoi studi approfonditi (anche su specie spontanee non medicamentose) portarono l’Università di Bologna ad assegnargli già nel 1561 la prima cattedra bolognese di Scienze naturali.
L’America a casa di Aldrovandi
Aldrovandi visse così le scoperte legate al continente americano, riuscendo ad avere semi di girasole da coltivare all’Orto botanico, ma anche pomodori (suo il primo campione d’erbario di Solanum lycopersicum) e, dalla Turchia, tulipani. L’erbario di Aldrovandi conserva oltre 5000 campioni di piante, grazie a una sua intuizione: fermate su carta, le piante diventano comparabili e visibili a diverse persone (in attesa della nomenclatura binomia di Linneo, due secoli dopo, per capire immediatamente di che cosa si sta parlando), ampliando così le conoscenze.
Fossili, scheletri, pietre
L’immenso patrimonio di Aldrovandi (in mostra anche fossili, impagliati, essiccati, e numerosissime tavole acquerellate di animali e piante, nonché deformità vere – nacque così la Teratologia, la scienza che studia le deformità prenatali – o inventate) per testamento venne lasciato da Aldrovandi al Senato di Bologna a condizione che non venisse disperso, bensì continuamente accresciuto, sempre con l’intento di aumentare la conoscenza di tutti. Oggi è conservato nei vari Musei e Biblioteche dell’Università di Bologna, ma solo fino al 10 aprile 2023 una parte significativa è in mostra, un’occasione da non perdere!