coronavirus fiori italiani
Le stagionali sono spesso provenienti dall'estero: controllate l'etichetta sul vaso.
La floricoltura italiana è stata devastata dalla chiusura dovuta al Coronavirus: adesso diamo una mano alle aziende comprando fiori italiani

Durante e dopo l’emergenza Coronavirus comprate fiori italiani! La chiusura totale delle aziende floricole, vivai, garden center, rivendite agrarie, fiorai dovuta al Dpcm 11 marzo ha messo in ginocchio il mondo del giardinaggio italiano. Perché milioni di piante pronte per la vendita ma rimaste invendute sono stati distrutti, con un danno economico enorme per le singole aziende e l’intero settore.

I danni per il settore fiori

«Nella prima fase della pandemia – spiega la Cia - Confederazione italiana agricoltori –, con i vivai chiusi e lo stop immediato alle cerimonie, il florovivaismo ha subito perdite eccezionali, tra serre colme di piante invendute, steli non raccolti e migliaia di fiori al macero. Una situazione per cui Cia stima un crollo del 60% del valore produttivo del comparto a fine anno: vale a dire, mediamente, 1,2 miliardi di euro».

E poco importa che alcune di queste aziende abbiano potuto vendere a domicilio, e che dalla fine di marzo le floricolture e dalla fine di aprile tutte queste aziende e negozi abbiano riaperto, presi d’assalto dagli appassionati che bramavano un fiore per attutire #iorestoacasa. I milioni di piante distrutte rimangono come buco nel fatturato.

Le mancate vendite per due mesi costituiscono un altro buco, anzi, una voragine: basti pensare ai milioni di fiori recisi invenduti a causa del divieto di celebrare matrimoni, comunioni, cresime, lauree e funerali, nonché la Pasqua, i compleanni e gli anniversari vari, e gli eventi, i convegni, le fiere, le mostre…

mesi tra marzo e giugno, infatti, consentono alle floricolture, garden center ecc. di ricavare fino al 75% del fatturato annuale: aver perso proprio questi mesi cruciali, per molti può significare addirittura dover chiudere i battenti per sempre. Tenendo presente che in Italia sono circa 20mila le aziende floricole e circa 7000 i punti vendita, si ha un’idea di quale possa essere la catastrofe che si addensa sulle circa 150mila persone che ci lavorano…

Direte: «Cosa possiamo farci noi appassionati di giardinaggio?». Possiamo fare qualcosa anche noi, tutti noi: possiamo “Comprare italiano” anche come piante e fiori!

coronavirus fiori italiani
L'Associazione Florovivaisti Italiani ha lanciato la campagna Amati, compra un fiore italiano.

Come fare a comprare fiori italiani

Il modo più semplice per comprare italiano è andare in un vivaio o in una floricoltura, oppure ordinare da essi online con spedizione a domicilio. Vivai e floricolture producono in proprio quello che vendono: i soldi che spendiamo da loro li aiutano ad andare avanti.

Se invece vi recate in un garden center, rivendita agraria, fioraio, che devono acquistare le piantine che rivendono, prendete in mano il vaso: sull’etichetta di tracciabilità, prevista anche per questo settore dallo scorso dicembre, se il prodotto è italiano, alla lettera B ci deve essere il codice IT oppure il codice a barre deve iniziare con 80 (il codice dell’Italia). Se non riuscite a trovare un’etichetta, chiedete al personale del punto vendita la provenienza. Vasi marchiati con “Plantarum, Decorum, Holland, Gasa, Orange ecc.” indicano la provenienza dall’Olanda o dalla Danimarca.

coronavirus fiori italiani
Il codice a barre che inizia per 80 indica le piante italiane.

Se invece avete l’abitudine di acquistare nella Grande distribuzione (supermercati, brico center ecc.), sappiate che le piante in vendita sono per il 90% provenienti dall’estero, oltre che di qualità inferiore rispetto a quelle italiane. I grandi produttori esteri generalmente imprimono il loro marchio sul vaso, sulla plastica che lo avvolge o sull’etichetta a lancetta infissa nel terriccio.

In generale, tenete presente che quasi tutte le piante verdi d’appartamento ormai vengono dall’estero, perché pochissime floricolture italiane le producono ancora. Occhio alle orchidee Phalaenopsis: anche loro vengono spessissimo dall’Olanda, quindi bisogna controllare bene il vaso, l’etichetta, la plastica avvolgivaso per capire da dove vengono, perché anche da noi in Italia abbiamo grandi produttori di Phalaenopsis di qualità; di due di loro raccontiamo più sotto le vicissitudini in tempo di #Coronavirus. Attenzione infine alle stagionali, da fiore o da bacca: tutto ciò che “ha una scadenza”, come le annuali da fiore in primavera e i piccoli arbusti da bacca in autunno, viene facilmente dall’estero; anche qui, controllate ogni tipo di scritta, etichetta o codice sul o nel vaso.

Cercate le orchidee Phalaenopsis italiane

Dicevamo che molte floricolture, di piante in vaso o da reciso, già da metà marzo si sono viste costrette a liberare le serre dalle piante e fiori pronti per la vendita al dettaglio o all’ingrosso. C’è chi li ha distrutti col trattore, chi li ha estirpati e ammassati come rifiuto da smaltire, e chi invece ha deciso di regalarle, distribuendole personalmente per strada – per es. Floricoltura Chiaravalli di Monza – o agli ospedali.

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La distribuzione di orchidee Menin al personale sanitario dell’ospedale Ca’ Foncello di Treviso (foto Giampaolo Vallardi).

Fra i campioni del Pensiero Positivo, è emblematica la storia di Menin Floricoltura: produttore all’ingrosso di orchidee, ha chiuso l’azienda l’11 marzo e, per non mandare al macero 50mila piante a settimana, all’inizio di aprile ha deciso di regalare quante più orchidee possibile al personale sanitario degli ospedali del Veneto e ai concittadini del paese di Carceri (Pd), sede aziendale, consegnandole di persona (con le dovute precauzioni). Piante così delicate non sono infatti spedibili via corriere ai tanti consumatori finali che si erano offerti via Facebook di acquistarle da tutta Italia, oltre all’impossibilità per un grossista di vendere al dettaglio. Non ha potuto vendere alla Gdo dopo il 25 marzo perché nessuna catena di supermercati, impegnata a soddisfare gli approvvigionamenti primari, ha fatto richiesta di piante. Ha provato a darle in beneficienza alla Regione Veneto in modo che il ricavato andasse tutto al sistema sanitario, ma non erano disponibili persone che potessero svolgere l’operazione perché tutte impegnate nell’emergenza. Non ha potuto regalarle fuori dall’azienda per non creare assembramenti. Infine la decisione di donarle ai sanitari per non buttarle, perché serviva lo spazio per allargare le piante più piccole in crescita.

Un altro grossista di orchidee, il celeberrimo Raffeiner di Bolzano/Gargazzone, per svuotare le serre ha donato piante alle istituzioni locali, e altre le ha messe in vendita (3 orchidee a 49,90 €) con consegna in 3 giorni tramite corriere (10 € di spedizione) e proventi devoluti interamente in beneficienza per le case di cura altoatesine. Per l’acquirente, un ingresso omaggio all’Orchideenwelt di Gargazzone (Bz).

Coronavirus: comprate fiori italiani - Ultima modifica: 2020-05-07T16:48:03+02:00 da Elena Tibiletti