Che cosa vi ricorda la parola "canapa" (o cannabis)? Se rispondete "spinello" o "canna", avete tra i 15 e i 60 anni; se invece la associate a "maceri" o "sacchi", gli anni sono un po' di più. Ora però, se non i maceri, almeno i sacchi di canapa sono tornati di moda, e con essi anche i vestiti, seguiti dalla pasta, dal paté e dai semi. Senza dimenticare le piante allevate presso lo stabilimento Farmaceutico militare di Firenze per ricavarne cannabis a scopo terapeutico (analgesico) e le piantine che dal dicembre 2019 si possono coltivare sul balcone per l'autoconsumo.
Quante cannabis esistono
In realtà si tratta di due canape diverse. Quella per la fibra e l'alimentazione è la canapa tessile o da tiglio (Cannabis sativa). Quella terapeutica o da droga è la Cannabis indica, canapa indiana. Ne esiste poi anche una terza, Cannabis ruderalis, che però non viene utilizzata per alcuno scopo.
Nella concezione comune, la sativa si distingue dalla indica per il contenuto di THC (delta-9-tetra-idrocannabinolo), il principio attivo che determina gli effetti psicotropi e che nella sativa deve essere sotto lo 0,3%, mentre nella indica viaggia intorno al 10%.
Questa suddivisione in verità non è universalmente accettata e genera diverse controversie da parte di chi le considera come un'unica specie con diverse varietà; in ogni caso tutte, se incrociate tra loro, danno origine a una progenie fertile.
Accettando la suddivisione in tre specie, ne esistono molte varietà: le migliori erano italiane (vedi dopo), ma alla dismissione della coltura negli anni '70 sono state cedute alla Francia. Oggi quindi sono reperibili solo quelle di origine francese, selezionate per l'industria, monoiche anziché dioiche e perciò adatte a ricavarne i semi da riproduzione e da olio. E ci sono anche molte varietà provenienti dai Paesi dell'Est. Tutte le varietà devono essere autorizzate a livello europeo dal Regolamento 1308/70, sia per accedere ai contributi comunitari, sia per non incorrere in sequestri. Il Reg. 1308/70, infatti, autorizza varietà che abbiano una percentuale di THC <0,3%, mentre per la legge italiana il limite è 0,5%.
Storia dell'uso della cannabis
Da sempre utilizzata in Cina per la fabbricazione di corde e tessuti, nella Pianura Padana la cannabis è stata presente fin dall'epoca romana per la produzione di fibra tessile. Calò negli anni Trenta del secolo scorso, quando una legge del 1937, la Marijuana Tax Act, la mise fuori legge negli Stati Uniti. A catena ciò avvenne in molti altri Paesi nel mondo.
L'Italia nei secoli passati era il Paese europeo maggiore esportatore, e sulla canapa si basava l'economia soprattutto in Piemonte, Emilia-Romagna e Campania, mentre le famiglie la utilizzavano per ricavarne funi e filati.
La canapa era presente nella pianura bolognese dal XIV secolo come coltura specializzata, tanto che nel primo quarto del '900 si coltivavano 53.000 ha per 450.000 q di fibra prodotta (metà della produzione nazionale). Veniva raccolta a fine luglio mediante sradicamento o falciatura al piede, essiccata, battuta e sollevata in piedi in pile di forma conica, poi raccolta in mannelle mediante tiratura, ed estratta la fibra mediante macerazione in maceri. Ogni casa colonica aveva il suo macero, una grande vasca profonda fino a 2 m, in cui si affondavano (con pietre di fiume da 3-7 kg) i fasci di canapa (bacchetta) per facilitare la separazione della fibra dalla materia legnosa (canapulo): era la "prima trasformazione", che durava alcuni giorni (maleodoranti...). Il distacco vero e proprio della fibra dal canapulo avveniva direttamente nell'azienda agricola con la stigliatura, eseguita inizialmente a mano e alla fine con rudimentali macchinari. Ogni anno il macero andava svuotato e ripulito da alghe e residui vari, una flora batterica che faceva ingiallire e diminuiva la qualità della fibra di canapa. I maceri erano nei pressi dell'abitazione perché avevano anche funzioni accessorie (bagno, piscina, lavanderia, allevamento di pesci, rane e uccelli acquatici, irrigazione e ghiaccio).
Dalla fine degli anni '50 la produzione è calata per la durezza del lavoro di prima trasformazione e la concorrenza delle fibre sintetiche, fino al proibizionismo nel 1971 con approvazione della legislazione sugli stupefacenti (che di fatto impediva anche la coltivazione della canapa tessile). E' rimasta solo in Francia, Cina, Russia e Paesi dell'Est europeo, che oggi sono i maggiori produttori mondiali, mentre si stanno affacciando fra i grandi produttori anche Germania, Austria, Gran Bretagna e Spagna.
La cannabis adesso in Italia
In un'epoca in cui la voglia di natura si unisce alla necessità di salvaguardare la Terra e di ridurre le eccedenze, l'Ue invita, con diversi Regolamenti, a impiantare "colture no-food", rispettose dell'ambiente e da cui ricavare materie prime non alimentari. La canapa è una di queste: la canapa tessile è rustica, si adatta a quasi tutti i suoli, è poco esigente e non teme le avversità. Compete con le malerbe ed è una "coltura rinettante" del terreno. Alla caduta delle foglie, restituisce molta sostanza organica alla terra. E sembra che assorba i metalli pesanti, "ripulendo" le zone inquinate da discariche e industrie.
Certo, la sua parentela con la canapa da droga non le giova: le due specie si assomigliano come due gocce d'acqua. Per risolvere il problema, all'Istituto sperimentale per le colture industriali di Bologna da tempo si lavora per ottenere varietà di canapa tessile distinguibili a colpo d'occhio dalla canapa indiana.
Dal 1998 il Ministero dell'Agricoltura ha autorizzato la coltivazione della canapa da tiglio. In realtà, nessuna legge la vietava (il Dpr 309/90 che la impediva si riferiva solo alla canapa indiana), ma il rischio di trovarsi il campo sotto sequestro senza poter dimostrare la buonafede ha scoraggiato gli agricoltori, che alla fine degli anni '60 hanno gettato la spugna.
La strada per riprendere a coltivare la canapa tessile non è però semplice. Primo, perché all'inizio degli anni '70 abbiamo ceduto le varietà nostrane, come Carmagnola e Fibranova, le migliori al mondo per qualità, ai francesi, che ora detengono il quasi-monopolio varietale. Secondo, perché per beneficiare dei contributi comunitari bisogna attenersi alle varietà autorizzate dai regolamenti Ue (vedi prima). Terzo, perché si deve migliorare la tecnica colturale, per ottenere la massima risposta con il minore sforzo, come si sta sperimentando in diverse Università italiane. Quarto, perché bisogna organizzare la filiera di trasformazione, di cui si occupa Assocanapa, associazione nazionale per promuovere la canapicoltura e attivare la filiera: bisogna avere varietà con caratteristiche adatte alla produzione di fibra tessile, e costituire centri di prima trasformazione e stoccaggio vicino alle zone di produzione. Quinto e ultimo, perché è necessario poter distinguere, rapidamente e senza dubbi (sia a occhio, sia con semplici test sul contenuto di THC), la canapa tessile dalla cugina, finalmente con buona pace degli agricoltori e delle forze dell'ordine.
Com'è fatta la cannabis
Della famiglia delle Cannabinacee, come il luppolo, la cannabis è una pianta erbacea a ciclo annuale caratterizzata da crescita rapida, che le permette di raggiungere un'altezza di 1,5-2 metri.
Pianta dioica, ha fiori maschili e femminili che crescono su individui separati; l'infiorescenza femminile si forma sulle cime una decina di giorni dopo quella maschile, che invece si sviluppa all'altezza dell'ascella fogliare, in genere a metà luglio. Il fusto, formato da una corteccia esterna e da una parte interna detta canapulo, è costituito per un 25-30% da fibra, di cui oltre l'80% è cellulosa. Su ciascun nodo del fusto si sviluppano foglie opposte e palmate composte da sette segmenti lanceolati e dal bordo più o meno seghettato.
Come si coltiva
Non necessita di particolari cure e bene si adatta anche a terreni poveri (ma non sabbiosi) con condizioni climatiche difficili, pur preferendo terreni fertili alluvionali.
Il periodo migliore per seminarla alle nostre latitudini è nei mesi di febbraio, marzo, aprile. Si semina a file o a spaglio dopo una modesta lavorazione del terreno.
Non soffre le gelate ma, pur amando i terreni umidi, è molto sensibile al ristagno idrico, in particolare nella prima fase vegetativa.
In genere, non necessita di irrigazione né concimazione. Non ha particolari nemici animali o fungini.
Ha azione diserbante contro le infestanti e migliora la struttura del terreno grazie al suo apparato radicale fittonante, profondo e abbondante: si considera coltura rinettante, adatta a rotazioni e a terreni inquinati da agricoltura o da fonti esterne. Sembra prelevi grandi quantità di metalli pesanti: è idonea per zone inquinate da discariche e scarichi industriali.
Si può coltivare anche in vaso (una pianta per vaso di 24 cm di diametro) da tenere in posizione soleggiata o a mezz'ombra, con terriccio universale, molto ben drenato sul fondo. Annaffiare ogniqualvolta il terriccio si è asciugato.
Come si raccoglie
Il raccolto, se la pianta è coltivata per la fibra tessile, va effettuato circa dieci giorni dopo la fioritura delle piante maschili in agosto-settembre; se da seme, il raccolto è posticipato a settembre-ottobre.
Le modalità dipendono dalle tecnologie industriali oggi in uso e dalla destinazione. Per ottenere fibra corta, cortissima e canapulo, la raccolta viene fatta con le mietitrebbie, dopo l'essiccamento in campo delle andane, che perdono le foglie apportatrici di sostanza organica al terreno (hanno molta biomassa). Per ricavare la fibra lunga, bisogna raccogliere la bacchetta intera in fasci, usando la mietilega modificata usata nei Paesi dell'Est, e il maggior impegno di raccolta è compensato dal prezzo maggiore. Per questo tipo di uso, sono state realizzate strutture industriali che compiono la macerazione e la stigliatura.
Come si utilizza la cannabis
Le foglie e i fiori sono utilizzati per tisane, birra e caramelle; l'olio essenziale che si ottiene per distillazione, trova impiego come profumo e aromatizzante per alimenti.
I semi decorticati hanno un sapore che ricorda quello della noce e sono utilizzati come alimento ad elevato tenore proteico in insalate, biscotti, paté, pane o nel gomasio. Si conservano meglio in frigorifero e se tostati assumono un sapore 'nocciolato'.
La farina ottenuta dai semi (se ne può utilizzare fino a un terzo del totale) conferisce un gusto di nocciola agli impasti cui viene aggiunta. Si utilizza anche per preparare pasta secca, un sostituto altamente proteico della normale pasta.
L'olio estratto a freddo dai semi si usa per la produzione di tofu, gelati e altri preparati, e rappresenta inoltre un integratore nutraceutico ricco di acidi grassi polinsaturi Omega-3 e 6 e trova impiego in cosmetici e detergenti per il corpo.
L'olio estratto industrialmente viene utilizzato per detersivi, inchiostro da stampa, tinte e colori, lubrificanti, combustibile e altro.
Fibre: quelle lunghe, tessili, vengono impiegate in tessuti, abbigliamento, cordame, sacchi, reti; quelle corte (fibre cellulosiche) forniscono pasta di cellulosa per carte, cartine per sigarette, pannolini e molto altro (lettiere zootecniche, di substrati per ortoflorovivaismo, imballaggi ecc.). In edilizia viene impiegato il canapulo per pannelli isolanti e fonoassorbenti, e compositi. I semi si utilizzano per la riproduzione delle piante.