Il genere Pinus (pino, famiglia Pinacee) comprende circa 200 specie diffuse in tutto l’emisfero settentrionale. Sono alberi aghifogli e sempreverdi (a eccezione del larice – Larix decidua i cui aghi si ingialliscono e cadono) di dimensioni spesso gigantesche e producono le caratteristiche pigne che si formano dai coni femminili (i fiori) le cui scaglie, dopo la fecondazione, si ispessiscono e si induriscono assumendo una consistenza legnosa.
Le specie coltivate a bonsai sono numerose, ma noi ne ricorderemo soltanto alcune tra le più note e ricercate. Tutti i bonsai di pino si caratterizzano per i tronchi contorti la cui corteccia con il passare degli anni si ispessisce e si desquama assumendo diverse tonalità di colore che vanno dal rossastro al grigio scuro.
Tra le varietà autoctone coltivate in Europa citiamo il Pino silvestre (Pinus sylvestris), il Pino mugo (Pinus mugo), il Pino nero (Pinus nigra). Tra le varietà di importazione dal Giappone, citiamo il Pino parviflora o Pino bianco (Pinus pentaphylla – pino a cinque aghi) e il Pino thumbergii (Pinus thumbergii “corticosa”) con la sua caratteristica corteccia spessa che ricorda il sughero. Tra le conifere di provenienza orientale si annovera ancora il Podocarpo o pino dei buddisti (Podocarpus microphyllus - famiglia delle Podocarpacee) con foglie strette e allungate.
Il genere del ginepro (Juniperus - famiglia Cupressacee) è diffuso soprattutto nell’emisfero settentrionale e in parte a sud dell’Equatore. I ginepri sono spesso cespugli o alberelli, alti al massimo 10 metri. A differenza dei pini, le foglie sono generalmente squamiformi, talvolta lesiniformi. Dal “fiore” femminile (cono) si producono i galbuli (sorta di bacche). Tra le specie di ginepro coltivate a bonsai in Italia citiamo il Ginepro comune (Juniperus communis) con i caratteristici frutti aromatici e il Ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus) che si distingue per le foglie lesiniformi molto pungenti e i frutti (arcestide - volgarmente coccole) che sono una sorta di bacche dapprima verdi-azzurrognole poi bruno-rossicce. Di provenienza orientale citiamo il Ginepro cinese (Juniperus chinensis).
Posizione
I bonsai di pino e ginepro vanno tenuti sempre all’esterno durante tutto l’anno, anche a temperature rigide vicine allo zero e di qualche grado sotto. È un errore pensare di poterli posizionare in casa come soprammobili: in questo modo sarebbero destinati a morire. Del resto, in natura, i pini, grazie alla conformazione della foglia (gli aghi), la sua struttura e la consistenza, si adattano a vivere in climi con scarsa umidità e a sopportare inverni rigidi con abbondanti nevicate.
Trattandosi di un albero coltivato in vaso si avrà l’accortezza, tuttavia, di proteggere le radici con gli specifici accorgimenti (quali serra fredda, avvolgimento del vaso con tessuto non tessuto) soltanto in caso di climi particolarmente rigidi con temperature notevolmente e ininterrottamente al di sotto dello zero.
Annaffiatura
Per l’annaffiatura di un bonsai ci si regola controllando il terriccio: va annaffiato ogni qualvolta si presenta asciutto. Le conifere, che assorbono e conservano l’acqua anche attraverso gli aghi, non amano rimanere costantemente umide quindi, soprattutto in inverno, per evitare di incorrere in marciumi radicali, è meglio aspettare che il terreno si asciughi totalmente prima di annaffiarlo. In estate, è bene ombreggiare i bonsai: il sole certo non fa male, ma asciuga troppo rapidamente la terra con il rischio di colpi di sete.
Terriccio, rinvaso e concimazione
Il terriccio più adatto per le conifere è una miscela costituita da pomice e akadama che assicura l’aerazione e il drenaggio, fattore molto importante per le conifere che non amano restare sempre umide.
Il cambio della terra di un bonsai va effettuato ogni circa tre anni per i bonsai giovani e ogni cinque-sette anni per i bonsai adulti, nei mesi di gennaio-febbraio, in quanto le conifere iniziano la loro attività vegetativa in anticipo rispetto alle altre varietà per le quali si attende, invece, l’inizio della primavera (marzo).
La concimazione si effettua con i concimi specifici, meglio concime organico a lenta cessione, dall’inizio della ripresa vegetativa (febbraio) fino a giugno e in autunno (settembre fino a ottobre). In inverno (novembre-dicembre-gennaio) i bonsai vanno in riposo vegetativo e non è necessario concimarli.
Potatura, pinzatura e filo di ferro
Nel periodo di riposo invernale, quando la pressione della linfa è minima, si interviene con la potatura di formazione della struttura del bonsai: la potatura dei rami. Si consiglia di effettuarla in due fasi, soprattutto nel caso di rami di grosse dimensioni: si effettua un primo taglio lasciando una piccola parte che verrà eliminata l’anno successivo.
In questo periodo, si effettua anche la potatura di mantenimento con il taglio dei rametti che si allungano allontanandosi eccessivamente dalla chioma e, per ragioni di estetica, si eliminano anche i rametti che crescono verso il basso e verso l'interno dell'albero. Tale potatura ha l’obiettivo di favorire la crescita di nuove gemme sulla parte interna dei rametti che ne formano la chioma. Con lo stesso obiettivo, la potatura di mantenimento continua in primavera con la pinzatura dei nuovi germogli che nelle conifere sono costituiti dalle “candelette”. Queste vanno pinzate (dimezzate servendosi delle unghie): in questo modo si apriranno aghetti più corti e se ne stimola la crescita di nuovi sulla parte interna dei rami.
Per indirizzare i rami nella direzione desiderata e conferire loro una particolare forma si avvolgono con il filo evitando di schiacciare gli aghi che altrimenti seccherebbero. Anche questa operazione va eseguita in inverno, quando la spinta della linfa è minore. I rami si piegano molto facilmente ed essendo particolarmente flessibili richiedono l’applicazione di un filo più spesso di quello che si utilizza con le altre varietà.
Attenzione a non lasciare troppo a lungo il filo sul ramo in quanto potrebbe segnarne la corteccia. Grazie all’applicazione del filo si riesce a conferire quelle forme attorcigliate ai rami dei bonsai di conifere che con la loro struttura, generalmente a palchi, affascinano chiunque lo osservi.
Per mezzo di particolari tecniche di invecchiamento si riesce, inoltre, a conferire l’aspetto vetusto che caratterizza le conifere in natura: rami spezzati da un fulmine o a causa del peso della neve, apici morti e senza corteccia. Si tratta delle tecniche Jin e Shari che vanno eseguite in inverno. La tecnica Jin (jinning) consiste nello spezzare con l’apposita pinza jinning la parte terminale di un ramo lasciando un moncone che verrà scortecciato fino alla base. Shari è una parte del tronco privo della corteccia che si verifica, ad esempio, quando si spezza un grosso ramo. Dopo aver deciso quale parte trasformare in shari si leva la corteccia con un coltello affilato. Le parti scortecciate vanno trattate con l'apposito liquido per jin per evitare che marciscano quando vengono a contatto con l’acqua durante l’annaffiatura.