Il riso, che noi in Italia consumiamo in ragione di soli 5,8 kg l’anno a testa, è invece la principale fonte di sostentamento nel mondo: basti pensare che in Bangladesh ne mangiano addirittura 172 kg a testa ogni anno! Oltre la metà della popolazione mondiale si nutre principalmente di riso: ciò accade per lo più del Sud-Est asiatico a clima tropicale e subtropicale, la zona dove la pianta è nata ed è coltivata da migliaia di anni.
Nel 2019 nel mondo si sono prodotti più di 754 milioni di t di riso su oltre 150 milioni di ettari, dei quali 250.000 sono localizzati in Italia, quasi tutti in Val Padana, nelle zone dove sono disponibili per l'irrigazione grandi quantità d'acqua a basso costo: ciò accade nelle province di Vercelli, Pavia, Novara, Milano, che assommano circa il 90% delle risaie italiane, a cui seguono Mantova, Verona, Rovigo e Ferrara.
La pianta del riso (Oryza sativa) non è una pianta acquatica, ma necessita di abbondante acqua per crescere e produrre i semi: ha bisogno di oltre 200 mm di pioggia al mese per i 3-4 mesi di coltivazione, una condizione che si può raggiungere solo nei Paesi d’origine, nelle aree tropicali, dove infatti il riso viene coltivato senza irrigazione (“upland rice” o “riso in asciutta”).
In tutte le altre zone del mondo il sistema più semplice per allevarlo consiste nel creare una sorta di grande vasca, all’interno del campo, piena d’acqua: la risaia. Infatti la pianta è in grado di resistere alla sommersione grazie a particolari vasi (vasi aeriferi) presenti nelle radici adulte, che catturano l’ossigeno disciolto nell’acqua aerando le radici stesse, che così non vanno incontro a marciumi.
In seconda battuta, l’acqua ammortizza gli sbalzi termici a cui la pianta è molto sensibile: deve vivere a temperatura costante, meglio se compresa tra 23 e 25 °C, quindi l’acqua riscaldata dal sole scalda le piantine e cede poi il calore nelle notti più fresche, al punto da ridurre un'escursione termica giornaliera di 10-15 °C a soli 3-4 °C.
Infine, la presenza dell’acqua riduce la carica di malerbe che possono germogliare, selezionandole fra quelle specializzate per la vita in sommersione: ciò non significa che sia più semplice eliminarle, come hanno insegnato i decenni di lavoro delle mondine nel secolo scorso, ma che il bersaglio è più circoscritto. Le infestanti (alghe, piante acquatiche, palustri e piante tolleranti gli ambienti umidi, fra cui il temibile riso selvatico) si combattevano un tempo con sali di rame e scerbatura a mano, mentre oggi si affrontano con diserbanti chimici oppure con pacciamatura e sarchiatura nelle risaie biologiche.
Ma quanta acqua consuma una risaia in una stagione? Dipende dalla maggiore o minore permeabilità del terreno, ma in genere serve una portata continua di 1-5 litri al secondo per ettaro. Ciò significa che, in 5 mesi di coltura, una risaia di un ettaro consuma da 13.000 a 65.000 mc d’acqua!