L’alchechengi è una pianta molto decorativa che produce anche frutti commestibili. Scoprite come coltivarlo e utilizzarlo.

Descrizione botanica

Physalis alkekengi è una pianta erbacea perenne, ha fusto eretto e glabro di colore verde, alto fino a 50 cm, e foglie picciolate a lamina ovale-lanceolata, appuntita e scabra. I fiori, piccoli e bianchi, compaiono solitari alle ascelle fogliari tra maggio e settembre: da questi si sviluppa durante l'estate e l’autunno l'appariscente frutto.

Dopo la fecondazione, infatti, il calice fiorale persistente s’ingrossa progressivamente fino a una lunghezza di 5-7 cm: si gonfia assumendo l'aspetto di un palloncino di carta pergamena, e nel contempo cambia colore, passando dal verde iniziale al rosso acceso dell'autunno. L’elegantissima livrea rossa racchiude una piccola bacca del diametro di 0,5 cm, di identico colore, non commestibile (ma innocua) perché amarognola e priva di polpa. Se il frutto rimane sulla pianta durante la brutta stagione, l'involucro lentamente si deteriora, lasciando solo l'impalcatura fibrosa e intrecciata che, come fosse una gabbia, imprigiona la bacca al suo interno.

Oltre alla specie spontanea italiana P. alkekengi, esistono altre due specie P. peruviana e P. pubescens, non decorative perché il calice non si colora e rimane beige, ma che producono i frutti commestibili, bacche di 1 cm di diametro dolci e gustose.

Come acquistarlo

P. alkekengi si trova sia sotto forma di semente, sia come piantine già formate, in vendita nel mese di settembre. Scegliete esemplari che abbiano frutti già formati e arrossati ma anche nuovi fiori.

P. peruviana e P. pubescens si trovano solo nei vivai specializzati in frutti insoliti.

Dove metterlo

In qualunque punto ben soleggiato del balcone o terrazzo, dell’orto o del giardino.

 Come coltivarlo

Esposizione: pieno o mezzo sole; in ombra fiorisce poco.

Temperatura: ideale tra 18 e 28 °C, tollera fino a –15 °C in piena terra e 40 °C.

Precauzioni invernali/estive: in inverno perde la parte aerea. In piena terra non servono protezioni; il vaso va ricoverato in serra fredda, bagnando leggermente una volta al mese.

Vaso: in plastica, di diametro minimo di 22 cm per una pianta. Rinvasate ogni due anni in marzo in una misura in più.

Terra: ben drenata, fresca e fertile, e con un discreto drenaggio; per es., un terzo terra da giardino e due terzi terriccio universale, o metà substrato per piante da fiore e metà universale.

Acqua: regolare in primavera appena il terriccio si è asciugato, abbondante e frequente durante l’estate.

Concime: una volta al mese un prodotto liquido per piante da fiore se in vaso, un prodotto granulare per piante da orto se in piena terra.

Potatura: eseguite la cimatura a 30 cm, per favorire la ramificazione e una maggiore quantità di frutti.

Moltiplicazione: si semina a marzo nei vasi che si tengono al caldo fino a primavera inoltrata, dopodiché le piantine si trasferiscono in piena terra o in un vaso piuttosto grande. Oppure si semina a spaglio all'aperto in aprile. Le piante vanno distanziate di 80-90 cm sulla fila e di 40 cm tra le file.

Consociazioni e rotazioni: con piante aromatiche.  Non può precedere o seguire altre Solanacee.

Raccolta e conservazione per la cucina

I frutti di P. peruviana e P. pubescens si raccolgono quando l’involucro è divenuto uniformemente beige, tagliando con la forbice il picciolo all’ascella fogliare.

Si conservano per circa un mese lasciandoli intatti e ponendoli in una cassetta di legno in unico strato in un luogo buio, fresco e asciutto. In frigorifero durano per 2 settimane.

Valore nutrizionale

La bacca (privata del calice) contiene fisalina (un alcaloide), tannini, glucidi, acido citrico e malico, carotenoidi e vitamina C (in quantità doppia rispetto al limone). È disinfettante, favorisce il sistema immunitario, riduce i radicali liberi ed è astringente.

Come usarlo in cucina

I frutti, di sapore dolce, si liberano dal calice e si mangiano freschi (al massimo una trentina al giorno) e legano bene con il cioccolato o il cacao dolce. Ricetta sprint: aprite e rivoltate verso il gambo l'involucro pergamenaceo senza però staccarlo, in modo da liberare la bacca e, tenendola per il calice, tuffatela nel cioccolato amaro sciolto in un pentolino, ripetendo l’operazione per tre volte a breve distanza di tempo, per avere una copertura totale e omogenea; negli intervalli e alla fine appoggiate i "cioccolatini", per farli asciugare, su carta oleata o nelle pirottine da pasticceria.

Si possono utilizzare anche per guarnire le crostate (interi o tagliati a metà) e in salsa per accompagnare selvaggina e carni di maiale.

Chi possiede un vigneto, può dedicare una parte degli acini alla fermentazione assieme a un'uguale quantità di bacche di alchechengi, per ottenere un vino dal piacevole sapore asprigno e con tutte le proprietà fitoterapiche della pianta.

Per approfondire

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